Una fabbrica sulle rive di un fiume.
“Gli uffici furono costruiti per primi. Un piano per reception e riunioni, uno per l’amministrazione, uno per l’ufficio tecnico. Dalla riva, sollevati per lasciare esondare il fiume, accessibili da passerelle, come una grande barca. E una torre-segnale, per arrivare fino al tetto.”
Sergio era amico di Umberto, Anna di Alma, Anna e Alma erano morose di Sergio e Umberto. Primo era padre di Sergio e aveva una fabbrica di caldaie.
La prima Sile sorse in un vecchio cantiere navale, sulle rive del Sile a Casier: un’area enorme attraversata da un ramo del fiume.
Sergio, subentrato a Primo, ci ordinò un programma generale di sviluppo dell’azienda e quell’estate prese l’amico architetto e le ex morose, ora mogli, per un giro d’istruzione negli Stati Uniti, a vedere fabbriche e uffici: la Johnson di Wright a Racine, il Seagram Building di Mies van der Rohe a New York, i grandi territori, lo shock di New York. Ritornarono caricati.
Gli uffici furono costruiti per primi. Un piano per reception e riunioni, uno per l’amministrazione, uno per l’ufficio tecnico. Dalla riva, sollevati per lasciare esondare il fiume, accessibili da passerelle, come una grande barca. E una torre-segnale, per arrivare fino al tetto, con una magnifica meridiana eseguita poi da Toni Benetton.
Le fabbriche, in due grandi corpi, con gli splendidi shed voltati a maglia quadra che a quel tempo erano una soluzione economica: una grande costanza di luce (da nord), un buon comfort acustico, un risultato spaziale emozionante. Il corpo delle centrali e dei servizi operai conclude l’impianto urbanistico iniziale, completamente realizzato. Anche il verde ha seguito un piano preordinato, e oggi media l’inserimento dell’architettura nel paesaggio, oltre a costituire una gradevole quinta all’ambiente di lavoro.

Paolo Bandiera

Ubicato lungo la strada provinciale che collega Treviso con Casale sul Sile, il complesso occupa un’area di 60.000 mq chiusa a nord dal corso del Sile che si snoda in un’ampia ansa, insinuandosi all’interno del lotto. L’intervento, realizzato nella seconda metà degli anni sessanta, sorge sul sedime di un ex cantiere navale, ed è concepito fin dall’inizio nella prospettiva di un disegno unitario, che prevede l’imbonimento di una parte dell’alveo del fiume per recuperare una porzione di terreno.
La configurazione dell’area così ottenuta permette di distinguere nettamente la zona degli uffici tecnici e amministrativi –un edificio collocato sul lato est del lotto, parallelo alla strada ove si trova l’accesso– e la zona stabilimenti e stoccaggio –due grandi capannoni e uno stretto fabbricato parallelo anch’esso alla strada.
L’edificio che ospita la mensa e la centrale impianti si dispone invece ortogonalmente rispetto alla strada, mediando e separando così l’area uffici –costruiti per primi– da quella prettamente produttiva.
Il progetto muove a partire dal rapporto con il fiume che in caso di piena, uscendo dall’alveo, allaga parte dell’area. Gli stabilimenti e i percorsi carrabili sono stati dunque rialzati rispetto il piano di campagna originario, mentre il corpo uffici è sollevato da terra ed è raggiungibile attraverso due pontili dalle aree parcheggio a sud e a est.
Gli uffici si articolano in due porzioni sottolineate da una netta cesura definita da una torre che, staccandosi dalla linea di gronda del fabbricato, costituisce il fulcro verticale dell’intero impianto. Tale testata, che funge da snodo illuminato dall’alto, contiene i servizi e il vano scale, e collega tutto l’edificio fino alla copertura. Anche il sistema degli accessi al piano terra, le cui direttrici ortogonali ribattono le percorrenze interne dell’edificio, si innesta sulla testata: direttamente, dall’ingresso principale –il pontile nord-sud– e all’estremità di quello secondario –il lungo e stretto passaggio che da est si infila sotto il fabbricato maggiore e prospetta sul fiume.
La struttura dell’edificio –tre piani fuori terra– è in pilastri in cemento armato che scaricano direttamente su pali infissi nel terreno. Questa soluzione strutturale consente all’interno di realizzare nei piani primo e secondo ambiti di lavoro open space liberati rispetto al sistema portante, mentre al piano terra, scanditi da tamponamenti dello stesso passo, sono disposti gli spazi di rappresentanza, di attesa e le sale riunioni. La struttura puntiforme consente inoltre che i piani primo e secondo, aggettando sul pontile d’accesso del fronte verso il fiume, ne riparino il passaggio e ne rafforzino l’immagine sollevata da terra, liberando la facciata. Due fasce di serramenti vetrati a nastro, con profili di ferro trafilato verniciato blu, accentuano l’orizzontalità dei prospetti nord e sud; mentre due file di lucernari circolari illuminano dall’alto il secondo piano e, in cinque raggruppamenti di tre calotte ognuno, marcano il ritmo della struttura.
All’interno, le murature sono intonacate e tinteggiate in bianco o rasate a marmorino nero; i pavimenti sono in gres ceramico smaltato azzurro o moquette pressata giallo zucca negli uffici, mentre le pedate dei gradini della torre sono in pietra aurisina grigia con battipiede metallico; le finiture in ferro (ringhiere e pannelli) sono in vernice laccata rossa, come anche i corrimani e, all’esterno, i pluviali. La finitura delle facciate esterne è in calcestruzzo lasciato a vista, segnato dai casseri in legno di 10-12 cm. Gli stabilimenti produttivi, anch’essi in calcestruzzo, consistono in due cospicui corpi –le cui dimensioni sono derivate dal modulo della volta a maglia quadra inclinata, tamponata in cotto a vista. L’orientamento delle volte è dato dalla ricerca di una luce ideale per l’attività lavorativa, naturale e costante– proveniente dunque da nord.
Negli anni ottanta è stato completato il progetto, con la realizzazione, da parte di Toni Benetton, della meridiana “sine sole sileo” posta sul fronte della torre.

Fiorella Bulegato (in collaborazione con Laura Rigon)

Ubicato lungo la strada provinciale che collega Treviso con Casale sul Sile, il complesso occupa un’area di 60.000 mq chiusa a nord dal corso del Sile che si snoda in un’ampia ansa, insinuandosi all’interno del lotto. L’intervento, realizzato nella seconda metà degli anni sessanta, sorge sul sedime di un ex cantiere navale, ed è concepito fin dall’inizio nella prospettiva di un disegno unitario, che prevede l’imbonimento di una parte dell’alveo del fiume per recuperare una porzione di terreno.
La configurazione dell’area così ottenuta permette di distinguere nettamente la zona degli uffici tecnici e amministrativi –un edificio collocato sul lato est del lotto, parallelo alla strada ove si trova l’accesso– e la zona stabilimenti e stoccaggio –due grandi capannoni e uno stretto fabbricato parallelo anch’esso alla strada.
L’edificio che ospita la mensa e la centrale impianti si dispone invece ortogonalmente rispetto alla strada, mediando e separando così l’area uffici –costruiti per primi– da quella prettamente produttiva.
Il progetto muove a partire dal rapporto con il fiume che in caso di piena, uscendo dall’alveo, allaga parte dell’area. Gli stabilimenti e i percorsi carrabili sono stati dunque rialzati rispetto il piano di campagna originario, mentre il corpo uffici è sollevato da terra ed è raggiungibile attraverso due pontili dalle aree parcheggio a sud e a est.
Gli uffici si articolano in due porzioni sottolineate da una netta cesura definita da una torre che, staccandosi dalla linea di gronda del fabbricato, costituisce il fulcro verticale dell’intero impianto. Tale testata, che funge da snodo illuminato dall’alto, contiene i servizi e il vano scale, e collega tutto l’edificio fino alla copertura. Anche il sistema degli accessi al piano terra, le cui direttrici ortogonali ribattono le percorrenze interne dell’edificio, si innesta sulla testata: direttamente, dall’ingresso principale –il pontile nord-sud– e all’estremità di quello secondario –il lungo e stretto passaggio che da est si infila sotto il fabbricato maggiore e prospetta sul fiume.
La struttura dell’edificio –tre piani fuori terra– è in pilastri in cemento armato che scaricano direttamente su pali infissi nel terreno. Questa soluzione strutturale consente all’interno di realizzare nei piani primo e secondo ambiti di lavoro open space liberati rispetto al sistema portante, mentre al piano terra, scanditi da tamponamenti dello stesso passo, sono disposti gli spazi di rappresentanza, di attesa e le sale riunioni. La struttura puntiforme consente inoltre che i piani primo e secondo, aggettando sul pontile d’accesso del fronte verso il fiume, ne riparino il passaggio e ne rafforzino l’immagine sollevata da terra, liberando la facciata. Due fasce di serramenti vetrati a nastro, con profili di ferro trafilato verniciato blu, accentuano l’orizzontalità dei prospetti nord e sud; mentre due file di lucernari circolari illuminano dall’alto il secondo piano e, in cinque raggruppamenti di tre calotte ognuno, marcano il ritmo della struttura.
All’interno, le murature sono intonacate e tinteggiate in bianco o rasate a marmorino nero; i pavimenti sono in gres ceramico smaltato azzurro o moquette pressata giallo zucca negli uffici, mentre le pedate dei gradini della torre sono in pietra aurisina grigia con battipiede metallico; le finiture in ferro (ringhiere e pannelli) sono in vernice laccata rossa, come anche i corrimani e, all’esterno, i pluviali. La finitura delle facciate esterne è in calcestruzzo lasciato a vista, segnato dai casseri in legno di 10-12 cm. Gli stabilimenti produttivi, anch’essi in calcestruzzo, consistono in due cospicui corpi –le cui dimensioni sono derivate dal modulo della volta a maglia quadra inclinata, tamponata in cotto a vista. L’orientamento delle volte è dato dalla ricerca di una luce ideale per l’attività lavorativa, naturale e costante– proveniente dunque da nord.
Negli anni ottanta è stato completato il progetto, con la realizzazione, da parte di Toni Benetton, della meridiana “sine sole sileo” posta sul fronte della torre.

Fiorella Bulegato (in collaborazione con Laura Rigon)