Abbiamo conosciuto i Fanna al gruppo di discussione sull’educazione dei figli: avevamo bambini che stavano entrando nel mondo della scuola. Antonio era un appassionato musicologo che aveva scoperto decine di manoscritti vivaldiani negli archivi tedeschi nel dopoguerra, Mariapia un’eterea artista figurativa milanese che aveva trascorso metà della vita in Argentina.
Avevano vissuto per anni a villa delle Rose, in un parco attraversato da un fiume con peschiera del XIX secolo, ma l’avevano venduta da qualche anno per “incompatibilità ideologica”. Erano gli anni settanta, il “sociale” convertiva le nostre esperienze.
Ma: muore lo zio e lascia ad Antonio l’altra villa, quella ai Venturali di Villorba, un fabbricato del XVII secolo, assai rimaneggiato. Originali la facciata posteriore e l’oratorio, con tombe di famiglia; un grande giardino con alberi di notevole bellezza. La famiglia vi si trasferisce d’estate.
Ma ad Antonio, che viene a trovarmi nella nuova casa, piacciono la dimensione raccolta, la luce bianca, i materiali semplici, la stringatezza funzionale: ha venduto la sua “villa”, non vuole riabitare una “villa”.
Il luogo è però troppo bello e ha le sue memorie: Antonio e Mariapia mi chiedono di costruire un’abitazione che permetta di godere del parco, senza pretese di protagonismo.
Il progetto si adatta al luogo: parte dal riutilizzo di una vecchia barchessa e si snoda a blocchi di uno-due piani che si modellano, ora aprendosi di fronte al centenario cedro deodara, ora schivando l’altro straordinario gelso, ora incurvandosi dal lato del noce, sul grande brolo a nord.
Blocchi piccoli, chiaroscurati, legati da un articolato “tentacolo” che ospita anche una zona camino e una biblioteca. Le superfici di calcestruzzo gettato su casseri di tavolette di abete segate, dopo trent’anni hanno assunto l’aspetto del legno fossile.

Paolo Bandiera

Disposte trasversalmente all’interno di un vasto terreno lungo la strada comunale “la campagnola”, la villa e le sue appendici affacciano i fronti principali verso il parco alberato a sud e il brolo a nord. La nuova abitazione, orientata perpendicolarmente rispetto alla villa, si integra con i fabbricati annessi recuperando nel suo impianto la barchessa preesistente. La discrezione dell’intervento è sottolineata dalla soluzione scelta per accedervi: il viale d’ingresso al complesso edilizio, parallelo alla strada, giunto di fronte alla villa principale piega a sinistra e, con un leggero scarto, s’infila tra la barchessa e un corpo destinato alla zona giorno, attestandosi nello spazio che introduce alla nuova abitazione. Dietro, un volume più chiuso e riservato ospita invece la zona notte.
La casa si articola dunque in tre ambiti distinti da alcuni dislivelli ma collegati da un percorso esterno declinato come snodo di distribuzione interna: un autentico quarto corpo -accentuato anche dal volume circolare della zona camino- che di nuovo si piega, separa e collega la barchessa con la zona notte, concludendosi sul brolo con una stretta e alta fenditura.
I prospetti attigui ai fronti principali del vecchio edificio non inseguono allineamenti né cercano relazioni con esso, ma si configurano come semplici muri di volumi subordinati, i cui spazi recuperano su altri fronti il rapporto con il verde esterno. La barchessa, ricostruita sul sedime originario, calibrando le aperture, media il corpo della villa con la nuova costruzione sviluppata al solo piano terra.
Il progetto si svincola così dalla generica reinterpretazione dell’esistente, con un linguaggio proprio nella struttura, nelle figure, nei materiali e nelle tecnologie. La barchessa in muratura tradizionale è intonacata a marmorino color rosso mattone, mentre i nuovi corpi sono costruiti in muratura di calcestruzzo a vista gettato su casseri realizzati con tavole d’abete, una lieve protezione ai silicati ne ha permesso il perfetto invecchiamento. L’impianto di riscaldamento costituisce del resto un’innovazione per quegli anni, per l’accostamento di radiatori tradizionali a un sistema a pavimento, in considerazione del fatto che l’abitazione si sviluppa per buona parte al piano terra.
All’interno, il punto nevralgico della casa -la zona camino- si configura come soggiorno e biblioteca su più livelli, con pareti in calcestruzzo a vista, contropareti in muratura termoisolata e rivestimento in larice rosso; le murature sono finite con intonaco tirato a marmorino, mentre i pavimenti nella zona giorno sono in gres color verde bosco e nella zona notte in moquette marrone scuro, colori che, assumendone le cromie, afferrano il parco circostante. In questo senso le nuove costruzioni hanno un lato che si libera rispetto a quello opposto, a cercare ed evitare gli alberi e le forme del verde esterno: la zona giorno, organizzata in pianta in un gioco spaziale che separa la cucina dal resto del soggiorno, si apre a forma trapezoidale per inquadrare a est una cospicua parte del parco; verso ovest, il volume della zona notte racchiude nella facciata curva un’aerea scala che conduce a un solarium in copertura, mentre il lungo taglio che attraversa gli altri prospetti in tutta la loro lunghezza -con serramento di legno Douglas impregnato rosso scuro, come tutte le chiusure- è scandito da tre setti strutturali a vista.

Fiorella Bulegato (in collaborazione con Laura Rigon)

Disposte trasversalmente all’interno di un vasto terreno lungo la strada comunale “la campagnola”, la villa e le sue appendici affacciano i fronti principali verso il parco alberato a sud e il brolo a nord. La nuova abitazione, orientata perpendicolarmente rispetto alla villa, si integra con i fabbricati annessi recuperando nel suo impianto la barchessa preesistente. La discrezione dell’intervento è sottolineata dalla soluzione scelta per accedervi: il viale d’ingresso al complesso edilizio, parallelo alla strada, giunto di fronte alla villa principale piega a sinistra e, con un leggero scarto, s’infila tra la barchessa e un corpo destinato alla zona giorno, attestandosi nello spazio che introduce alla nuova abitazione. Dietro, un volume più chiuso e riservato ospita invece la zona notte.
La casa si articola dunque in tre ambiti distinti da alcuni dislivelli ma collegati da un percorso esterno declinato come snodo di distribuzione interna: un autentico quarto corpo -accentuato anche dal volume circolare della zona camino- che di nuovo si piega, separa e collega la barchessa con la zona notte, concludendosi sul brolo con una stretta e alta fenditura.
I prospetti attigui ai fronti principali del vecchio edificio non inseguono allineamenti né cercano relazioni con esso, ma si configurano come semplici muri di volumi subordinati, i cui spazi recuperano su altri fronti il rapporto con il verde esterno. La barchessa, ricostruita sul sedime originario, calibrando le aperture, media il corpo della villa con la nuova costruzione sviluppata al solo piano terra.
Il progetto si svincola così dalla generica reinterpretazione dell’esistente, con un linguaggio proprio nella struttura, nelle figure, nei materiali e nelle tecnologie. La barchessa in muratura tradizionale è intonacata a marmorino color rosso mattone, mentre i nuovi corpi sono costruiti in muratura di calcestruzzo a vista gettato su casseri realizzati con tavole d’abete, una lieve protezione ai silicati ne ha permesso il perfetto invecchiamento. L’impianto di riscaldamento costituisce del resto un’innovazione per quegli anni, per l’accostamento di radiatori tradizionali a un sistema a pavimento, in considerazione del fatto che l’abitazione si sviluppa per buona parte al piano terra.
All’interno, il punto nevralgico della casa -la zona camino- si configura come soggiorno e biblioteca su più livelli, con pareti in calcestruzzo a vista, contropareti in muratura termoisolata e rivestimento in larice rosso; le murature sono finite con intonaco tirato a marmorino, mentre i pavimenti nella zona giorno sono in gres color verde bosco e nella zona notte in moquette marrone scuro, colori che, assumendone le cromie, afferrano il parco circostante. In questo senso le nuove costruzioni hanno un lato che si libera rispetto a quello opposto, a cercare ed evitare gli alberi e le forme del verde esterno: la zona giorno, organizzata in pianta in un gioco spaziale che separa la cucina dal resto del soggiorno, si apre a forma trapezoidale per inquadrare a est una cospicua parte del parco; verso ovest, il volume della zona notte racchiude nella facciata curva un’aerea scala che conduce a un solarium in copertura, mentre il lungo taglio che attraversa gli altri prospetti in tutta la loro lunghezza -con serramento di legno Douglas impregnato rosso scuro, come tutte le chiusure- è scandito da tre setti strutturali a vista.

Fiorella Bulegato (in collaborazione con Laura Rigon)